venerdì 2 maggio 2014

INFORMARE SUI TUMORI


“Si sa, capita a tanta gente, ma non si pensa mai che potrebbe capitare a noi. Questo era sempre stato anche il mio atteggiamento. Così, quando capitò a me, ero impreparato come tutti e in un primo momento fu come se davvero succedesse a qualcun altro. «Signor Terzani, lei ha il cancro», disse il medico, ma era come non parlasse a me, tanto è vero — e me ne accorsi subito, meravigliandomi — che non mi disperai, non mi commossi: come se in fondo la cosa non mi riguardasse. Forse quella prima indifferenza fu solo un'istintiva forma di difesa, un modo per mantenere, un contegno, per prendere le distanze, ma mi aiutò. Riuscire a guardarsi con gli occhi di un sé fuori da sé serve sempre. Ed è un esercizio, questo, che si può imparare.”
Quando ci si ammala di tumore, si è shoccati e si prova vergogna. La vergogna è un corollario comune del trauma psicologico. Una parte degli italiani, poi, è ancora scaramantica, come si usava una volta, quando certe parole non si potevano dire perché altrimenti “ci si sarebbe tirati addosso le malattie”. Come se, invece, non dicendo nulla, le  malattie stessero lontane …. 

L’informazione sui tumori, in Italia, non è ancora di qualità. La si lascia principalmente agli Enti che fanno ricerca e che si mostrano perché sono alla ricerca di fondi. Qualche volta, l’informazione sembra riguardi il tumore, ma è gossip mascherato, come nel caso di Angelina Jolie, operata di mastectomia in forma preventiva a causa di una predisposizione genetica in comune con madre e sorella. Se si fosse tolta la pelle dietro il ginocchio, non avrebbe fatto notizia per nulla, anche se il tumore del ginocchio fosse una emergenza internazionale. In realtà, le notizie erano Angiolina Jolie e il suo busto: di qui o di là, il vergognoso gossip sulle nudità altrui fa capolino.

Vien quasi da pensare che di fare buona informazione sulla prevenzione dei tumori non importi molto a nessuno. Altrimenti si comincerebbe dalle scuole. Di notizie, filmati e buone metodiche di insegnamento per incitare a una vita più sana non siamo certo privi. I media preferiscono occuparsi di discutibili cure alternative, e più baruffa si agita intorno a esse, meglio è: titolozzi assicurati, curiosità morbose soddisfatte, prevenzione e indicazioni utili dribblate. Invece, se tutta la popolazione adottasse uno stile di vita salutare e si avvicinasse in massa alla diagnosi precoce, e se i responsabili delle politiche sanitarie e ambientali applicassero tutte le conoscenze e le misure preventive che la ricerca ha messo a disposizione, il cancro sarebbe una malattia sotto controllo. Dice Umberto Veronesi: "Dei 20 milioni di italiani che oggi sviluppano un tumore nel corso della vita, 14 milioni, il 70%, potrebbero essere salvati con la prevenzione e la diagnosi precoce. La salute deve diventare una responsabilità condivisa, ma questa rivoluzione non può avvenire senza l'aiuto dei media. La gente va informata perché l'ignoranza, il non sapere, non dà nessun diritto".

Un italiano su tre si ammala, ma in futuro sembra che la proporzione si sposterà a un italiano su due. Perché gli italiani snobbano la comunicazione sulla prevenzione dei tumori? Il linguaggio con cui se ne parla è sempre poco serio, quando non ammiccante. Le persone ammalate, toccate nella paura della morte, si ritraggono e non condividono il loro stato d’animo e i loro pensieri, se non raramente.
Quindi: rivoluzione del linguaggio, condivisione dell’esperienza, prevenzione, alimentazione corretta e cambio nello stile di vita. Possiamo farcela.

Fonte: Adnkronos Salute, Milano, 10 aprile 2014
Approfondimenti: Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra, Rizzoli, 2004